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SENZA TERRE AGRARIE L’ITALIA AFFOGA

 

L’Italia affoga perché la superficie agricola e forestale ha raggiunto il minimo storico per colpa della cementificazione e degli abbandoni che hanno reso l’Italia più fragile ai rischi di alluvioni e frane ed esponendo tutto il territorio, a partire da quelli urbani, alle conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici.

E’ quanto emerge da un analitico studio realizzato dalla Coldiretti e presentato a Livorno in occasione dell’incontro degli agricoltori e degli allevatori alluvionati, allo scopo di fare il punto sull’emergenza che quest’inizio di autunno sta riservando al nostro Paese.

“Un modello di sviluppo sbagliato – é stato sottolinea in quella occasione - ha provocato un irresponsabile e irrazionale, oltre che sconsiderato, consumo di suolo con la scomparsa di più di un quarto della terra coltivata (-28%).

Negli ultimi 25 anni in Italia sono rimasti solo 12,8 milioni di ettari superficie agricola utilizzata.

La soluzione non è solo un problema di tombini ostruiti, ma della mancanza di un serio piano di gestione complessiva del territorio nazionale dove in un anno sono stati consumati ben 3 metri quadrati di suolo al secondo, cancellando, a tutto il 2016, più di 23mila chilometri quadrati di suolo (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme), ovvero il 7,6% del territorio nazionale, secondo l’Ispra.

Su un territorio meno ricco e presidiato e, perciò, più fragile per il consumo di suolo, si abbattono inattesi cambiamenti climatici con precipitazioni sempre più intense e frequenti, vere e proprie bombe d’acqua, che il terreno non riesce ad assorbire, poiché la sempre più devastante presenza di asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, ha portato alla perdita di aree aperte naturali o agricole capaci di trattenere l’acqua in eccesso.

Le conseguenze devastanti delle alluvioni che continuano a colpire l’Italia sono spesso aggravate anche “a monte” dall’assenza di una politica forestale e di gestione del reticolo idrografico, con grandi quantità di legna e alberi che spesso vengono rinvenuti intorno ai punti critici dei ponti e degli attraversamenti dei fiumi.

Il risultato è che sono, secondo un calcolo approssimativo, 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio frane e alluvioni (12% del totale), dei quali più di 1 milione vive in aree a elevato rischio di frana e quasi 6 milioni vivono in zone alluvionabili, ovvero classificate a pericolosità idraulica media secondo le elaborazioni Ispra.

E’ urgente, a questo punto, un impegno da parte delle amministrazioni a tutti i livelli per difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali, con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico dell’attività agricola. Ma anche urge accelerare l’approvazione della legge sul consumo di suolo, da anni ferma in Parlamento, che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territori e l’avvio di una politica globale di risistemazione idrografica delle aree a rischio. 

 

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