Aspetti Colturali

 

Le condizioni  coltura sono diversi.

Notevoli progressi sono stati fatti nell’ultimo decennio sia per quanto riguarda la gestione del terreno, sia nelle tecniche di concimazione, oltreché nelle tecniche e nella tempistica della potatura, anche se molto resta da fare per rendere le chiome più accessibili nella fase di raccolta.

Alberi troppo cresciuti in altezza sono soggetti a drastiche riduzioni della chioma, ma a tale intervento, essenziale per il ridimensionamento della pianta, non fa seguito, negli anni successivi, un accurato intervento di potatura, che presieda ad una nuova, e più razionale, forma di vegetazione.

Questa situazione il più delle volte è aggravata dalla densità degli impianti per cui si verifica che, ombreggiandosi reciprocamente, tendano a svilupparsi in altezza alla ricerca di luce.

Per le nuove piantagioni, il discorso è diverso: nella maggior parte dei casi ci si trova davanti ad alberi disposti razionalmente oltre che con interventi di potatura molto limitati, nei primi anni, e un progetto funzionale della forma della chioma nella pianta adulta, sia in grado di consentire all’azienda, anche con una gestione del terreno basata su criteri moderni, una produzione qualitativamente e quantitativamente ottimale.

POTATURA DELL’OLIVO

Con questo termine s’indicano tutti quegli interventi che, applicati alla chioma quando la pianta è giovane, consentono di formare la struttura scheletrica e produttiva quando l’albero avrà completato il proprio sviluppo, ma anche regolarizzare l’attività vegetativa e quella produttiva.

La tecnica della potatura ha subito nel corso degli anni una interessante evoluzione legata ai mezzi impiegati e alle esigenze degli olivicoltori. Queste ultime, funzione dell’intensificazione colturale.

L’operazione di potatura é effettuata ogni anno nei mesi primaverili, cercando di “riordinare” la chioma ed eliminare le parti che favoriscono l’ombreggiamento ai nuovi rami da frutto. Quindi gli obiettivi che la potatura si prefigge vanno così ripartite:

·        mantenere la piena efficienza della chioma;

·        regolare l’accrescimento e la distribuzione dei rami a frutto in rapporto alla tecnica di raccolta adottata;

·        favorire un elevato rapporto tra superficie fogliare e legno;

·        permettere una buona circolazione dell’aria all’interno della chioma;

·        favorire l’esposizione della luce dei rami da frutto.

La potatura varia in funzione delle forme d’allevamento; ognuna richiede ben precise tecniche pur avendo in comune i requisiti essenziali di tale pratica.

Nell’oliveto sono comunque consigliabili le forme libere, dato che quelle obbligatorie ne ritardano l’entrata in produzione e riducono il potenziale produttivo degli alberi. Un’eccessiva potatura che riduca l’apparato fogliare, limita la crescita complessiva della pianta a seguito di una diminuzione dell’attività di fotosintesi.

Questo significa una riduzione della quantità di sostanze nutritive a disposizione per la produzione dell’anno e minor accumulo di riserve per la produzione di quelli successivi. Una scarsa potatura, che determina una ridotta esposizione dei frutti alla luce, ha impatto negativo del livello qualitativo del prodotto finale.

E’ accertato, inoltre, che esiste una forte interazione tra potatura e le altre tecniche colturali quali la concimazione e la difesa fitosanitaria: tutte insieme, infatti, creano le condizioni ottimali per lo sviluppo della pianta.

RACCOLTA E CONSERVAZIONE DELLE OLIVE

La raccolta costituisce la fase conclusiva del ciclo produttivo. La maturazione delle olive comincia con l’invaiatura, ovvero alla prima comparsa di macchie rosse sull’epidermide, a livello apicale, del frutto. In breve la colorazione rossastra si estende a tutta la superficie e la polpa da biancastra e dura prende una tinta vinosa ed inizia ad immagazzinare olio diventando sempre meno consistente.

Il periodo ottimale per la raccolta delle olive è quello in cui si ottiene la massima produzione di olio con le migliori caratteristiche organolettiche (sapore, profumo, ecc.).

Al contrario di quanto diffusamente si creda, tale stadio non corrisponde alle fasi più avanzate di maturazione delle olive; infatti, con il procedere della maturazione l’aumento della resa in olio delle olive è solo apparente, dovuto cioè ad una progressiva perdita di acqua da parte della polpa e non legato ad un ulteriore accumulo di olio. Quindi il periodo ottimale di raccolta, è accettato, corrisponde al momento in cui la maggior parte delle drupe si trova nella fase di inizio-piena invaiatura e, comunque, quando la polpa è ancora chiara e inizia a colorarsi. In questa fase oltre a ottenere la massima resa in olio, si garantisce l’alta qualità dello stesso che, anche per una corretta conservazione e gestione del frutto, consente di avere oli pregiati, di bassa acidità e di sapore gradevole, ottimizzando le caratteristiche organolettiche dell’olio.

Dopo essere state raccolte le olive sono soggette a fenomeni di degenerazione: i tessuti della polpa si ammorbidiscono e le cellule ricche in olio diventano “non sensibili” a lacerazioni e compressioni. Nel periodo di conservazione dei frutti (drupe), le caratteristiche organolettiche e chimiche dell’olio decadono molto rapidamente, soprattutto se le drupe presentano delle lesioni causate dalle stesse tecniche di raccolta. E’ intuibile che lo stoccaggio deve essere il più breve possibile, massimo non oltre 2-3 giorni. In ogni caso, lavorare tempestivamente le olive raccolte è la migliore condizione ai fini della qualità.

A questo proposito: le olive devono essere stoccate, in azienda, in luogo fresco e non umido; conservate in strati sottili (10-15 cm di spessore); non devono essere continuamente rimescolate; devono rimanere integre, come detto in locali freschi ed arieggiati. Il sistema migliore per mantenere inalterate i caratteri qualitativi del frutto è consigliato l’uso di cassette forate ad evitare il surriscaldamento, consentire la respirazione della drupa e il passaggio dell’aria. Le olive conservate nelle cassette, possono essere comodamente trasportate al frantoio per la lavorazione. L’uso dei sacchi di iuta è da evitare, in quanto creano le condizioni ideali per le fermentazioni anaerobiche che portano ad aumenti dell’acidità e difetti organolettici che causano inevitabili decadimenti qualitativi del prodotto.

Una pessima conservazione si traduce in sensibili aumenti dei parametri chimici (acidità, numero di perossidi, ecc.) oltre che in altri difetti organolettici (riscaldo, avvinato, ecc.) che rischiano di far perdere all’olio il requisito della sua commerciabilità come extra vergine.

  

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