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Aziende agricole: “Prevalenza” attività agricola e acquisto di prodotti agricoli da terzi

 

Aziende agricole: “Prevalenza” attività agricola e acquisto di prodotti agricoli da terzi

La Corte di cassazione con la Sentenza del 21 luglio 2017, n. 18071 ha dato alcune precisazioni in merito alla “Prevalenza” nella manipolazione, trasformazione e cessione di prodotti agricoli e zootecnici di cui al previgente art. 29 del TUIR (attuale art. 32). Il quale richiedeva che:

- i prodotti oggetto di lavorazione abbiano avuto origine proprio dal terreno, rispetto al quale viene determinato il reddito (presupposto qualitativo);

- i prodotti così individuati costituiscano almeno la metà di quelli lavorati (presupposto quantitativo).

I Giudici di legittimità Appare evidenziano che:

- il profilo qualitativo sia definito esclusivamente con riferimento alla provenienza dei prodotti, senza che assuma alcun rilievo la qualità e quindi il valore economico degli stessi;

- sotto il profilo quantitativo, il riferimento normativo alla "metà" dei prodotti non consenta un'interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, secondo l'unità di misura utilizzata per il prodotto in discussione, stante l'assenza di criteri ulteriori e diversi che ricolleghino il concetto di metà non già alla quantità, ma al valore.

 

Riportiamo la sentenza

 

Corte di Cassazione

Sentenza 21 luglio 2017, n. 18071

Tributi – Impresa agricola – Attività di vinificazione – Utilizzo di uve provenienti da terzi in misura superiore alla metà – Configurazione di reddito d’impresa

Rilevato che

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con un motivo contro F.D., titolare dell’Azienda Agricola C. G. intesa alla produzione dell’uva ed alla successiva trasformazione in vino, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in controversia concernente l’avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA 2001, con il quale erano stato accertato un maggior reddito imponibile sulla considerazione che la ditta verificata non produceva un reddito agrario ex art. 29 del T.U.I.R., ma un reddito di impresa poiché vi era stato il superamento del 50% delle uve acquistate rispetto a quelle prodotte, tutte utilizzate per la vinificazione.

2. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la prima decisione che aveva annullato l’accertamento, osservando che la prevalenza doveva essere considerata in senso economico e non quantitativo, posto che le uve in questione, di provenienza esterna rispetto al terreno, avevano delle caratteristiche qualitative non comparabili cui conseguiva un minor valore economico.

3. Il contribuente si è costituito con controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n. 197.

Considerato che

1. Con l’unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 29, comma 2, lett. c), 51, comma 1, del d.P.R. n. 917/1986 e 2135 cod. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.).

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. L’art. 29 del T.U.I.R. (vigente ratione temporis) detta: “1. Il reddito agrario è costituito dalia parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso. 2. Sono considerate attività agricole: (…) c) le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso. (..)”

4. La tesi della CTR, fondata sulla differenza qualitativa delle differenti uve utilizzate per la vinificazione, incidente sul conseguente differente valore economico delle stesse, non può essere condivisa perché non trova alcun riscontro nel dettato normativo.

5. Va rimarcato infatti che la disciplina richiamata è focalizzata sul fatto che le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli, per quanto qui interessa, “abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno”. Conseguentemente la applicabilità della norma richiede la ricorrenza di due presupposti: a) che i prodotti oggetto di lavorazione abbiano avuto origine proprio dal terreno, rispetto al quale viene determinato il reddito (presupposto qualitativo); b) che i prodotti così individuati costituiscano almeno la metà di quelli lavorati (presupposto quantitativo).

6. Orbene è evidente che il profilo qualitativo è definito esclusivamente con riferimento alla provenienza dei prodotti, senza che assuma alcun rilievo la qualità e, quindi, il valore economico degli stessi, elementi completamente ignorati dal legislatore; quindi, per quanto riguarda il profilo quantitativo, il riferimento alla “metà” dei prodotti non consente una interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, secondo l’unità di misura utilizzata per il prodotto in discussione, stante la assenza di criteri ulteriori e diversi che ricolleghino il concetto di metà, non già alla quantità, ma al valore.

7. Nel caso di specie i due presupposti, come incontestato in fatto tra le parti, non ricorrevano e la interpretazione della norma sostenuta dalla CTR è palesemente errata, in quanto nessun elemento normativo consente di ritenere che la prevalenza quantitativa del prodotto possa essere stimata mediante raffronto tra il valore economico dei prodotti utilizzati.

8. In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso.

Le spese processuali delle fasi di merito si compensano e le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso:

– Compensa le spese processuali per le fasi di merito;

– Condanna la controricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida nel compenso di €. 3.200,00=, oltre spese prenotate a debito.

Redditi agrari - Attività agricole "connesse" - Prevalenza quantitativa (Cass. 21.7.2017 n. 18071)

 

 

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